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SCENA OLIO

SCENA OLIO

L’acidità dell’olio EVO indica la percentuale di acido oleico in un olio è il principale indicatore della qualità dell’olio di oliva. Più alto è il suo valore più scadente è la qualità dell’olio.

L’acidità è accertabile solo con analisi chimiche di laboratorio.

Non deve essere confusa con il leggero pizzicore che si sente in gola che invece è indice di recente spremitura delle olive ed è legata al tipo di cultivar molita.

In generale si usa classificare:

  • Olio extravergine di oliva con acidità compresa tra 0,00% e 0,80%
  • Olio vergine di oliva con acidità compresa tra 0,81% e 2,00%
  • Olio di oliva lampante con acidità compresa tra 2,01 in su

Le denominazioni commerciali degli oli sono codificate dall’Unione Europea infatti nel regolamento CE 1513/2011 sono descritte tutte le categorie di oli di oliva nel dettaglio.

 

È possibile approfondire attraverso i Pannelli di Olea Exhibition disponibili a questo link: https://drive.google.com/file/d/1mOa0n5-6KGl4rUDH4ExcQ6hlP1dF5IBG/view?usp=sharing

 

SCENA TRASPORTO

SCENA TRASPORTO   

Il trasporto dell’olio era affidato a contenitori fittili come le anfore e a recipienti in materiale deperibile, utilizzate anche per la conservazione e distribuzione anche in ambito locale.

Le città destinavano appositi spazi pubblici come i mercati, alla compravendita del prezioso liquido che spesso arrivavano da città lontane. Di particolare successo era l’olio prodotto nel Mediterraneo occidentale, nelle campagne della Spagna, dell’Italia, dell’Istria, dell’Africa settentrionale.

Nel periodo tardo repubblicano il commercio dell’olio italico del Sannio, della Campania e della Puglia ha svolto un ruolo trainante nell’economia romana.

A partire dal principato di Augusto, al mercato si affermò anche l’olio della penisola iberica e, nel II sec. D. C., sino alla fine dell’età tardo-antica (VII sec.), l’olio africano si impose nei traffici commerciali del Mediterraneo quale protagonista dell’approvvigionamento civile e militare.

A partire dall’età imperiale, secondo un’antica consuetudine, si consolida inoltre il commercio di olio profumato, aromatico e medicamentoso: piccoli contenitori erano utilizzati per trasportare olio di buona qualità usato di frequente negli edifici formali e nella toelettta personale ovvero, più tardi, nelle liturgie legate alle celebrazioni nei riti di culto cristiano.

(Ole@exhibition progetto Elaia Olea Oliva – Il trasporto)

 

È possibile approfondire attraverso i Pannelli di Olea Exhibition disponibili a questo link: https://drive.google.com/file/d/13cBGyi9swab5V197lO7g4AnCToMOfMMy/view?usp=sharing

SCENA LUCERNE

SCENA LUCERNE  

Antico è il rapporto tra olivo, olio ed esperienza religiosa nella tradizione occidentale. Già nel mito greco l’olivo viene apprezzato da divinità ed eroi: la dea Atena ottiene la supremazia sull’Attica e dà il nome della sua capitale, Atene, proprio perché le fa un dono di un albero d’olivo. Ulisse intaglia in un tronco d’olivo il suo talamo; il Ciclope ed Ercole hanno una clava in legno d’olivo.

La pianta sacra ad Atena, il cui profilo campeggia sulle monete bronzee anche della zecca di Butuntum, assurge dunque a simbolo di prosperità, pace, vittoria: ad Atene infatti, durante le Panatenee – gare atletiche in onore di Atena – i vincitori venivano premiati con anfore piene d’olio.

Dall’iniziazione cristiana alla morte corporale, l’olio si rivela dunque segno e simbolo dell’itinerario che accompagna la vita del fedele. E ancora, l’olio refrigera l’episodio più triste della Via Crucis: prima della deposizione nel sepolcro, il corpo di Cristo è trattato con unguenti dalle tre Marie.

L’olio brucia della tremola fiamma delle lucerne per illuminare la mensa dell’altare e, soprattutto dal Medioevo, arde nelle lampade devozionali poste davanti al tabernacolo e alle edicole votive.

(Ole@exhibition progetto Elaia Olea Oliva – La ritualità)

 

È possibile approfondire attraverso i Pannelli di Olea Exhibition disponibili a questo link: https://drive.google.com/file/d/1A3sbtnJ7q-Q4IeXuxgDUOhoQGPofB2cr/view?usp=sharing

SCENA CIBO

SCENA CIBO

Le abitudini alimentari dei Romani sono note soprattutto grazie alle ricette raccolte dagli scrittori antichi: vi apprendiamo che l’olio di oliva, assieme ai cereali, al pane e al vino, era tradizionalmente alla base  della “dieta mediterranea” e costituiva dunque il condimento essenziale nell’arte culinaria romana, secondo le raccomandazioni gastronomiche sancite sia da Marco Gavio Apicio, autore del trattatto De re coquinaria (“Sulla cucina”) e vissuto al tempo dell’imperatore Tiberio (secolo I d.C.), sia da Lucio Giunio Moderato Columella (4-70 d.c.), da Marco Terenzio Varrone (116-27 a. C.)  e da Plinio il Vecchio (23-79 d.C.).

Sappiamo che i Romani erano grandi consumatori di legumi, zuppe e verdure, preparate o condite con l’olio d’oliva di buona qualità, che non doveva quindi mai essere sprecato, a causa del suo costo elevato. Rinomati erano l’olio di Venafro, con il quale si condivano le insalate, e gli oli prodotti in Liburnia (l’odierna Croazia) e in Istria.

L’olio era fondamentale anche nella preparazione delle salse a base di spezie, erbe e salse di pesce con le quali si condivano vari tipi di carni, alimenti di lusso che abbondavano tuttavia solo sulle mense dei ricchi.

Nel corso dei banchetti si consumavano anche grandi quantità di olive: ne sono testimonianza quelle carbonizzate contenute in una scodella rinvenuta in un’abitazione di Pompei.

(Ole@exhibition progetto Elaia Olea Oliva – L’alimentazione)

 

È possibile approfondire attraverso i Pannelli di Olea Exhibition disponibili a questo link: https://drive.google.com/file/d/17G3ub4oZWsAskDkJ1cyjs-Qnk9OPUVV6/view?usp=sharing

SCENA FRANTOIO

SCENA FRANTOIO 

Nell’aprile 1828 Pierre Ravanas, grazie all’appoggio del Conte Carmine Sylos, apre a Bitonto il primo frantoio ‘alla provenzale’, costituito da molazza a doppia macina e pressa idraulica; in dieci anni se ne contano già 120 nella sola cittadina pugliese. L’obiettivo di fondo dell’operazione è «far sì che la macinatura delle olive vada a passo eguale colla loro raccolta»; e infatti il secondo frantoio di Ravanas, impiantato nel 1840 a Modugno, produce 50 cantaja di olio al giorno, corrispondenti a circa 5 tonnellate. Il successo è legato sia alla possibilità di estrarre oli ‘fini’, cioè con bassa acidità, grazie alla rapidità di estrazione, sia all’abbattimento dei costi stessi di estrazione dell’olio: i nuovi frantoi, quindi, producono oli di qualità alimentare a basso costo, nonostante il costo di produzione delle olive sia superiore. Negli anni Sessanta dell’Ottocento, infatti, i prezzi praticati dell’olio ‘fino’ a Bari superano quelli dell’olio ‘comune’ di Gallipoli dell’11%, del 57% negli anni Ottanta: e pensare che Bari fino ai primi dell’Ottocento «non riceveva dalle comuni circostanti che olii inferiori a quelli di Gallipoli per le fabbriche del Nord, ed inferiori altresì a quelli di Gioia e di Taranto per la saponeria di Marsiglia».

(http://www.georgofili.info/contenuti/lopera-dellagronomo-ravanas-innovatore-dellottocento-nel-settore-oleario/13467)

 

È possibile approfondire attraverso i Pannelli di Olea Exhibition disponibili a questo link: https://drive.google.com/file/d/1IAx0W6VO81GJJKMfm4eWLTRxagNFedVV/view?usp=sharing

SCENA TORRIONE

SCENA TORRIONE

Il Torrione angioino è stato costruito a metà del XIV secolo e nei documenti viene sempre indicato come castello pur non rispondendo, per impianto, a tale nome. Nel 1488 il castello viene adattato a carcere. Dotato di un ampio fossato e di casematte nel 1551, con la fine del periodo feudale, passa all’Universitas cittadina ma negli anni successivi viene usato dai diversi dominatori come roccaforte.

Nell’aprile 1828 il Torrione conosce una nuova storia. Nell’autunno dell’anno precedente, 1827, la produzione di olive a Bitonto era stata abbondante e gli oleifici locali non erano in grado di lavorare la mole di olive. I grandi proprietari terrieri bitontini erano venuti a conoscenza della presenza in Puglia di uno straniero che offriva nuove tecniche che velocizzavano il processo di molitura. Era Pierre Ravanas. I grandi proprietari terrieri di Bitonto lo contattarono. Fra questi un esponente di spicco era Carmine Sylos, il quale successivamente ricoprirà le cariche di sindaco di Bitonto e di Presidente del Consiglio Provinciale. Ravanas ottenne grazie al suo appoggio la concessione per otto anni del Torrione angioino, dove era presente un vecchio frantoio in disuso. La concessione dei locali era a titolo gratuito, ma Ravanas dovette far fronte alle spese per la restauro dei locali. Fu così che venne creato il primo oleificio “moderno” dotato di mola a doppia macina e di torchio idraulico, le invenzioni del francese. L’oleificio entrò in funzione appunto ad aprile del 1828.

(C. Cannito, C. Minenna, A. Sicolo, M. A.Visotti, A pongialbe. Il tempo dell’olio del grano del vino a Bitonto, Quorum Edizioni 2015)

 

È possibile approfondire attraverso i Pannelli di Olea Exhibition disponibili a questo link: https://drive.google.com/file/d/1tfZJJkRF7Blf_5m9p2VRZFUeBI8Dy0qq/view?usp=sharing


 

SCENA COSMESI

SCENA COSMESI

L’uso dell’olio di oliva per la cura del corpo, per la cosmesi e per esigenze terapeutiche era assai diffuso. L’olio veniva utilizzato quotidianamente quale detergente per cospargere il corpo prima e dopo i bagni e con l’aggiunta di sostanze odorose, come unguento. L’importanza di queste abitudini, che i Romani appresero dalle esperienze greche, è riflessa nella grande quantità di contenitori per olio prodotti in diversi materiali ed in svariate forme, rinvenute nel corso degli scavi e conservati nei musei archeologici, anche in Puglia.

Le nostre conoscenze relative all’uso e al confezionamento di cosmetici e balsami si devono anche alle notizie fornite da fonti letterarie: ad esempi, nelle ricche descrizioni della Naturalis Historiae di Plinio il Vecchio e nelle indicazioni registrate da Lucio Giunio Moderato Columella che raccomanda la preparazione degli unguenti mediante l’aggiunta di olio d’oliva a sostanze profumate, a coloranti, a piante o a minerali.

L’olio era molto usato per la cura di sé all’interno delle terme: alle stanze dedicate ai bagni erano annessi infatti anche appositi spazi per i massaggi e per l’unzione del corpo. Dopo il bagno si usavano olii e unguenti, il cui eccesso veniva poi rimosso con lo strigile. Oltre che per il confezionamento di balsami profumati, l’olio d’oliva, grazie alle sue note proprietà terapeutiche, veniva utilizzato per la produzione sia di unguenti per curare le ferite sia di pomate officinali dal largo spettro curativo.

Sicuramente ancor prima dei Greci ad usare gli oli profumati erano stati gli Egiziani.

(Ole@exhibition progetto Elaia Olea Oliva – La cosmesi e la farmacologia)

 

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SCENA PITTURA OLIO – Edicola votiva

SCENA PITTURA OLIO – Edicola votiva

La pittura ad olio è una tecnica artistica basata sull’utilizzo di pigmenti mescolati con olii grassi essiccativi. È caratteristica per la sua brillantezza e fluidità. Il processo di essiccazione molto lento permette all’artista di lavorare per lungo tempo su sfumature e corposità materica. L’originaria tecnica di preparazione prevedeva l’utilizzo di pigmenti e olii di vario tipo.

La pittura a olio può interessare diversi supporti: tavola lignea, tela di lino o canapa, carta, marmo, ardesia, metalli diversi come rame, stagno o leghe.

Prima di dipingere, occorre preparare il supporto con lo stato di imprimitura (gesso o colla di coniglio o caseina) ed uno strato di olio di lino cotto. Dopo aver realizzato il dipinto è necessario invece procedere ad una verniciatura protettiva ed essiccativa.

Le forme di degrado che possono interessare un dipinto a olio colpiscono generalmente il supporto.  Se il supporto è una tela questa può lacerarsi, allentarsi o staccarsi e generare caduta di colore. Se è una tavola lignea può essere attaccata da insetti xilofagi (tarli) può imbarcarsi, può addirittura spaccarsi. In generale la vernice dei dipinti tende a ingiallirsi. Lo strato pittorico può essere interessato anche da crettature del colore e questo vale per tutti i tipi di supporto compresi i metalli. Le opere possono essere attaccate anche da muffe e licheni.

 (C. Cannito, A. Sicolo, L. Schiavone, M. A. Visotti, Le edicole votive a Bitonto, Gelsorosso, Bari 2013)

 

È possibile approfondire attraverso i Pannelli di Olea Exhibition disponibili a questo link: https://drive.google.com/file/d/1A3sbtnJ7q-Q4IeXuxgDUOhoQGPofB2cr/view?usp=sharing

SCENA NATURA – ULIVI

SCENA NATURA – ULIVI

Il ciclo olivicolo inizia a gennaio con l’aratura – che ha come scopo quello di eliminare le infestanti, arieggiare il terreno e rompere la capillarità – e la potatura, ovvero il taglio dei rami che non fruttificano (polloni e succhioni).

La raccolta delle olive avviene tra ottobre e dicembre. Può essere fatta secondo diverse tecniche: bacchiatura, brucatura, cascola naturale, scuotitura meccanica.

Le olive vengono poi portate al frantoio, pesate sulla stadera e macinate quanto prima, per evitare il processo di fermentazione.

In passato la molitura veniva fatta con grosse macine in pietra locale che ruotavano in una vasca; esse erano collegate ad una trave che era messa in movimento da un mulo. Oggi i motori elettrici hanno sostituito i muli.

L’impasto ottenuto dalla molitura veniva in passato steso su un bancone e poi ripartito all’interno di fiscoli, diaframmi di giunco realizzati dal maestro funaio, poi impilati sul torchio e pressati. Oggi invece la posta molita viene trasferita nella gramolatrice, da qui nella centrifuga estrattore, un macchinario che separa la soluzione di olio e acqua dalla sansa, infine nel separatore che separa olio dall’acqua di vegetazione.

(C. Cannito, C. Minenna, A. Sicolo, M. A.Visotti, A pongialbe. Il tempo dell’olio del grano del vino a Bitonto, Quorum Edizioni 2015)

 

È possibile approfondire attraverso i Pannelli di Olea Exhibition disponibili a questo link: https://drive.google.com/file/d/1oJhxbBUZZE5ZaWVIeTwend4LLzxY4BZb/view?usp=sharing